100 vittime e 100 milioni di euro rubati: smantellata una vasta rete europea di frode crypto

Le menti malintenzionate non si arrendono mai nella criptosfera. Oggi una rete viene smantellata, e domani un’altra si forma nell’ombra. Ci sono quelle che vediamo, e quelle che lavorano silenziosamente, nascoste dietro agli schermi, fino a quando le autorità non le individuano. Nonostante i riflettori puntati su questa rete con centinaia di vittime, l’industria crypto rimane un bersaglio mobile. I truffatori inventano sempre nuovi schemi, portali falsi, promesse appariscenti, circuiti bancari invisibili. Questo blitz rivela ancora una volta che nel mondo delle valute digitali, il pericolo non dorme mai.

Illusione crypto: quando le promesse diventano miraggi

A giugno, diversi arresti hanno già fatto seguito a rapimenti che prendevano di mira figure francesi del settore crypto. Un promemoria agghiacciante, mentre altri truffatori puntano tutto su piattaforme “pro” e interfacce eleganti. Vendevano sogni. Promettevano rendimenti colossali. Investitori ingenui iniettavano euro convertiti in bitcoin o altcoin. Quando chiedevano il prelievo, venivano richieste “commissioni aggiuntive”, poi il sito spariva.

Risultato: l’utente perdeva tutto. Questo meccanismo, degno di una truffa classica, era purtroppo ben adattato all’ambiente crypto.

Secondo Eurojust, la rete si è sviluppata dal 2018 in 23 paesi e ha colpito più di 100 vittime con almeno 100 milioni di euro rubati. Per farlo, i fondi venivano instradati tramite conti lituani. Alla minima richiesta di prelievo, la trappola si chiudeva: le piattaforme sparivano. 

I promotori usavano un falso professionismo per ingannare: grafiche pulite, comunicazione credibile, messaggi di incoraggiamento studiati. Il divario era invisibile. Si nascondevano dietro la complessità delle crypto per mascherare la semplicità della truffa.

È lo specchio delle sfide attuali nel mercato crypto: gli strumenti di fiducia sono deboli, le assicurazioni rare, la regolamentazione in ritardo. In questo contesto, le illusioni prosperano e le vittime si moltiplicano. Il virus del falso investitore è ancora lontano dall’essere debellato.

Europa in rete: anatomia di una frode transfrontaliera

Questa rete non era locale: era una ragnatela europea. Gli arresti sono avvenuti simultaneamente in Spagna, Portogallo, Italia, Bulgaria e Romania, mentre i fondi transitavano attraverso la Lituania. Eurojust ha orchestrato l’azione con la creazione di una Joint Investigation Team (JIT) Spagna-Lituania, coordinata da Europol.

Cinque sospetti arrestati. Beni congelati. Siti smantellati. Un’operazione massiccia su scala continentale.

Per contrastare questa frode, è stato necessario unire mandati europei, ordini di congelamento e arresti coordinati nel cuore stesso del sistema bancario europeo. Gli investigatori hanno sequestrato tracce digitali, flussi crypto e conti bancari degli intestatari. Hanno sfruttato le lacune legislative e le frontiere aperte del sistema finanziario.

Questa struttura mette in evidenza il problema: nell’industria crypto, le reti criminali cavalcano la connettività internazionale. L’architettura frammentata delle normative nazionali diventa un vantaggio per i truffatori. Lo smantellamento di questa rete mostra la capacità di reazione europea. 

Ma ricorda anche che lassismo normativo, zone grigie e ignoranza tecnica offrono terreno fertile ai truffatori. La sfida: rafforzare la cooperazione, armonizzare le leggi sulle crypto e anticipare i circuiti opachi.

Ecco alcuni punti chiave del caso:

• Dal 2018: operazione in corso;
• 23 paesi coinvolti;
• 100 milioni di euro rubati;
• 5 sospetti arrestati;
• Rotta di riciclaggio tramite la Lituania.

Con questi elementi precisi, vediamo come il crimine crypto diventi un’idra europea: tagli una testa, ne appaiono due altrove. La vera sfida è rendere questo terreno troppo incerto per i truffatori.

La Francia ha recentemente vissuto un’ondata di rapimenti che hanno preso di mira imprenditori crypto, con sequestri spettacolari e vittime mutilate. Il governo ha già risposto: sicurezza rafforzata, servizi di emergenza prioritari, riunione d’emergenza. Ma basta per scoraggiare le reti? La domanda resta aperta, chi lavora nell’ombra sa che lo sforzo deve continuare.